Il passato. Un investimento per il domani.

10.02.2013 16:16

 

 

 

In queste ultime settimane, abbiamo assistito al vergognoso spettacolo dello scempio, e del degrado nel quale è stato riversato il parco archeologico di Sibari.  Questo evento ha fatto porre alla così detta “Società Civile” non pochi interrogativi. Cosa si poteva fare per evitare un simile scempio? Quali sono , e di chi sono le responsabilità politico amministrative? Molto probabilmente le risposte ci sono, ma come buona tradizione italiana ed in particolar modo calabrese, queste sono sempre motivate dalle colpe delle amministrazioni precedenti o dal fatto che in cassa  ci sono pochi soldi da investire nella tutela dei beni archeologici. La verità sta nel fatto che la tutela di un simile patrimonio millenario non è mai interessata a nessuno. L’incuria, il mancato rispetto per la storia antica, il diffuso disinteresse per l’importanza della traccia storica nel passaggio del tempo sono sicuramente il sintomo di un paese che ogni giorno di più dimentica le proprie origini, perdendo così il ricordo dei fasti del passato. Se si fa un giro per la Calabria, ci si accorge che Sibari , è solo la punta di un iceberg di proporzioni abnormi. A Cirò Marina nei pressi di “Punta Alice”,  esiste una torretta detta “Fontana del Principe”, che da anni riversa nel più totale stato di abbandono. A Vibo Valentia, recenti scavi archeologici hanno portato alla luce  resti della dominazione romana e della dominazione normanna, che una volta scoperti sono stati ovviamente lasciati in uno stato di completo degrado. Di esempi del genere se ne potrebbero fare a dozzine. Arrivati a questo punto la domanda che noi tutti dobbiamo porci è “Cosa possiamo fare per evitare che tutto questo si ripeta nel tempo?”. Purtroppo l’Italia, e in questo caso la Calabria, pur essendo un pullulare di bellezze artistico-archeologiche che ricordano la maestosità di una società probabilmente da tutti i punti di vista migliore di quella attuale, considerano la spesa per la salvaguardia di questo patrimonio una spesa infruttuosa. Evidentemente chi in questi anni ci ha governato, non si è mai accorto che investire nella tutela dei beni archeologici e più in generale nella cultura, potrebbe essere  un ottimo investimento economico-lavorativo di breve e lunga durata. L’investimento pubblico annuo destinato alla cultura è di 1, 42 miliardi di euro, pari allo 0,19% del bilancio statale ( 0,11 PIL ).  Se aumentassimo tale spesa, tagliando spese molto meno fruttuose, soprattutto in momenti di crisi economica, salveremmo il paese dal degrado morale e dalla deriva esclusivamente economicista, perché cultura e salvaguardia del patrimonio significano innovazione e creatività. Al contempo però bisognerebbe snellire notevolmente la regolamentazione in materia di appalti per il restauro e la manutenzione dei beni artistici e culturali, rendendo le sovraintendenze strumenti efficaci di effettiva tutela e valorizzazione e non di sola e spesso orba conservazione. Questo è un campo che potrebbe dare soprattutto in Calabria, slancio all’economia attraverso un programma che investa nella formazione di archivisti, archeologi, addetti museali, giovani manager culturali che sono solo alcune delle centinaia di professionalità di cui la Calabria e più in generale l’Italia ha bisogno. Questo è quello che secondo me andrebbe fatto per evitare che ciò che è accaduto a Sibari si ripeta,  riformando così il sistema di tutela culturale delle bellezze archeologiche italiane e calabresi. Tutto ciò lo dobbiamo a chi ci ha preceduto e a chi verrà dopo di noi, altrimenti  questa regione e questa nazione, conviene chiuderle e metterle all’asta.

 

Francesco Pacilè

 


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